I toni dell'amore - Recensione

New York. Ben (John Lithgow) e George (Alfred Molina), coppia gay over 60, stanno insieme da 39 anni e decidono di sposarsi; questa scelta però porterà George a essere licenziato dalla scuola cattolica in cui lavora. I due perdono pure la loro casa, e sono costretti a dover essere ospitati da amici e a vivere separati. Una pellicola elegante e delicata, di cui, come suggerisce il titolo, sono proprio i toni a stupire. A una visione sommaria, è un film che si prende i suoi tempi, collezionando molte scene di transizione che costringono lo spettatore a chiedersi: e quindi? Si prova, inoltre, una certa irritazione nel veder sfiorare temi sociali importanti senza mai approfondirli, ma a conti fatti si rivela una scelta e non una mancanza.
Come in un giallo, il film scopre le sue carte nella parte finale, e il pubblico capisce che forse i protagonisti di questa vicenda non sono solo Ben e George, ma anche la complessa rete di affettività, che in un primo momento di difficoltà si rivelano utili, ma anche fragili. Il significato di quest'opera è da cercare nei dettagli, in quel minimalismo metropolitano fatto di momenti intimi, quasi rubati, che mostra lo straordinario, nell'ordinario di un microcosmo. Il regista Ira Sachs, attraverso un testo libero da luoghi comuni, ci parla dell'impatto che gli altri hanno su di noi e della casualità empatica sempre più frequente nei rapporti. Non è un caso, perciò, che la svolta narrativa avvenga solo dopo un pianto liberatorio, o che la soluzione provenga da uno sconosciuto. Ne “I toni dell'amore” nulla è gridato, ma sempre sussurrato, suggerito, come il placido e maturo affetto per, e tra, i due protagonisti, che nello struggente finale fa affiorare, improvvise, quelle emozioni spontanee verso le persone che ci vogliono bene, e che troppo spesso tratteniamo. VOTO 6/7

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