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I figli del fiume giallo - Recensione

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Il tema portante dell’opera viene esplicitato nell’incipit. Non nel contenuto, come da convenzione, bensì nella forma. In neanche 2 minuti il regista cambia ben 3 formati e altrettanti supporti: pellicola, digitale, MiniDV. Le nitide riprese di una Cina contemporanea separano un reale passato da un passato artefatto, quest’ultimo inizia, appunto, con la messa in scena di una rappresentazione teatrale. Qual è il tema? La mutazione. Tempi e spazi cambiano, e con essi le persone e l’arte stessa del regista. Paesaggi esteriori e interiori diventano speculari e s’influenzano. Con quest’opera in tre atti ambientata nel 2001, 2006 e 2018, Jia Zhangke traspone i cambiamenti sociali che intervengono in Cina in 17 anni. Ogni capitolo porta con sé un oggetto simbolo che evoca nello spettatore suggestioni significanti. Nell’ordine: una pistola, una bottiglia d’acqua e gli smartphone. L’arma rappresenta il coraggio di “far fuoco” al momento giusto, di creare tutto quel calore che un vulcano

Stanlio e Ollio - Recensione

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Un film crepuscolare, che si concentra sull’ultima parte di carriera del comico duo. Stanlio e Ollio si ritrovano nel 1953 a dover iniziare una tournée teatrale in Gran Bretagna, pubblicizzandola con apparizioni nei più disparati eventi locali. Sarà l’occasione per tirar le somme di una lunga carriera insieme, che li ha resi famosi per la loro comicità semplice ma spontanea, fatta di movenze buffe e piccoli gesti. Un umorismo che parlava un linguaggio universale, e sapeva far ridere a tutte le età. Anche grazie a un magnifico make up, Steve Coogan e J ohn C. Reil ly fanno rivivere i due attori con rara sensibilità, replicandone gli sketch più noti e tratteggiandone la vita privata. Ne escono due contrapposte personalità, unite però dall’amore per il loro lavoro. La regia dello scozzese Jon S. Baird non brilla per guizzi creativi, ma sa comunque essere al servizio della storia. Il pacchetto base di ogni   biopic, nobilitato però da due icone del cinema. Un’opera leggera e delizios

I fratelli Sisters - Recensione

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Oregon, 1851. Charlie ed Eli ( John C. Reilly e Joaquin Phoenix ), sono due fratelli killer professionisti. Lo spietato commodoro (uno sprecato Rutger Hauer) li paga per torturare e uccidere un giovane chimico trovato dal detective Morris ( Jake Gyllenhaa l ). Il regista francese Jacques Audiard , al suo primo film americano, si confronta con un genere dai toni lontani rispetto alla sua cifra stilistica. Ritornano, tuttavia, i temi ricorrenti della ricerca di se stessi e della propria affermazione, in sintesi di una nuova vita. Il risultato, come suggerisce il titolo, è un ossimoro: un western esistenzialista che mette in scena due coppie parallele che si scoprono convergenti. Un inseguimento tra passato e futuro che genera un presente beffardo. Il motore della vicenda è rappresentato da una fratellanza affettiva, ma anche utopista, che unisce e fa crescere. Il mito della frontiera non è mai stato così umano. Una vita in fuga è una vita vissuta? Forse val la pena ritagliarsi un an

Dilili a Parigi - Recensione

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Dilili è una bambina giunta dalla Nuova Caledonia nella Ville Lumière della Belle Epoque. La fanciulla, insieme al fattorino Orel, cercherà di salvare le bambine rapite dalla misteriosa organizzazione de “I Maschi Maestri”. Il regista francese Michel Ocelot realizza un nuovo film d’animazione a scopo educativo. I destinatari dell’opera sono proprio i bambini che, insieme ai genitori, assisteranno a un cartone animato dai temi adulti. Per rendere il film a misura di bimbi, l’autore lo struttura come un gioco di società. Si parte in modo sbrigativo dal via e si procede per caselle. Ad ogni fermata si ripete una formula di rito (sono molto lieta di…), s’incontra un luogo comune su Parigi e un celebre artista. L’arte è cibo per la mente, ed ecco che Dilili s’imbatte, tra gli altri, in Lautrec, Rodin, Proust, mentre il regista inserisce scolastiche citazioni delle loro opere. Ad aggiungere spessore ci sono però i contenuti trattati: razzismo, misoginia, violenza sulle donne. Questioni i

Noi - Recensione

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Geremia 11:11   Perciò, così parla l’Eterno: Ecco, io faccio venir su loro una calamità, alla quale non potranno sfuggire. Essi grideranno a me, ma io non li ascolterò. Adelaide Wilson (bravissima Lupita Nyong’o) torna in California per una vacanza con la sua famiglia. Ben presto, però, alla donna torneranno alla memoria vecchi traumi che sfociano nella paranoia. Un titolo emblematico, che in originale è Us, con il doppio significato di ‘Noi’ e acronimo di ‘United States’. Allegorie, simbolismi, coscienza politica. Il cinema di genere ritorna ad essere potente specchio della società. Come in Get Out , anche in questo nuovo film di Jordan Peele, il protagonista è lo sguardo. Proprio un paio di occhi sgranati uniscono le due opere. In Noi la protagonista è però una “visione auto-riflessa”, in grado di proiettarsi nel presente, passato e futuro. Quando però l’ideale sé supera il reale sé a vincere è il narcisismo. Ecco che allora la riflessione diventa rifrazione, che per sua natu

Dumbo - Recensione

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Florida, 1919. Siamo alla fine del primo conflitto mondiale. Il capitano Holt ( Colin Farrell ) torna dai suoi due figli e alla vita circense offerta da Max Medici (Danny DeVito). I due scoprono un elefante che sa volare, ma un ricco imprenditore ( Michael Keaton ) vuole impossessarsene. Ennesimo remake live action di mamma Disney , ma ne seguiranno molti altri…Il film è un racconto fiabesco che sublima l’innocenza dello sguardo, dove anche le bolle di sapone possono diventare elefanti. Il potere dell’immaginazione permette di rifugiarsi in un mondo 'altro'. Ancora una volta Tim Burton rende espressiva la nostalgia e la solitudine. I temi permangono. Gli esiti, invece, sono meno certi. L’universo burtoniano collassa in quello disneyano con esiti sconfortanti. Insieme all’elefantino vola alta anche la noia. L’ottimo set design e l’evocativa soundtrack del fidato Danny Elfman non bastano a risollevare una sceneggiatura che macina schemi e banalità. Lo script, inoltre, soffre

Il colpevole - The Guilty - Recensione

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Asger è un poliziotto che risponde alla centrale del pronto intervento. Una sera riceve una chiamata che gli cambierà la vita. Interno notte. Schermo buio. Si sente solo il rumore di un telefono che suona. La prospettiva centrale e simmetrica di una cuffia auricolare ci svela che, da qui in poi, l’orecchio sarà il nostro nuovo occhio. L’incipit non lascia dubbi, il design sonoro del film ci guiderà. Il pur minimo rumore non si limiterà a essere un effetto, ma parte integrante della trama. I rari momenti di silenzio, invece, diverranno un liquido amniotico nel quale galleggiare per sviluppare e far nascere nuove idee. Pensieri che rincorrono azioni e (forse) salvano vite. Ma come muoversi se si è rinchiusi in una gabbia costruita dalle proprie colpe? Cosa è giusto fare per aprire le porte di quella prigione? Proprio la colpa, come suggerito dal titolo, si rivelerà il deus ex machina dell’intera vicenda. Il giovane Gustav Möller, ambienta tutta la sua opera prima in una stanza. Il cin